Ciao Gianmario, grande alpino e cancelliere
di Maria Teresa Birolini- 15 aprile 2025

IL DUCATO HA PERSO UN SUO CAVALIERE, UN GALANTUOMO Lo ricorda il duca Smiciatöt: “Lui era una certezza, era un uomo di grande generosità e non chiedeva nemmeno un grazie”
Il Cancelliere Grande, Gianmario Marchesi se n’è andato lo scorso 11 marzo. Per il Ducato di Piazza Pontida è stata una perdita che difficilmente si potrà colmare. Marchesi ha rappresentato un esempio straordinario in termini di dedizione e generosità. Lo ricorda così il duca, Mario Morotti: “Ho conosciuto Gianmario appena sono arrivato, nel 2000, e da allora è rimasto una persona di riferimento. È stato per me un fratello maggiore, un punto di equilibrio per tutti nel Ducato, sapeva andare al di là delle appartenenze, delle amicizie, era un uomo giusto. Il Cancelliere Grande aveva il Ducato nel sangue. In qualità di segretario del Consiglio della Corona si adoperava con passione soprattutto nel coordinamento dei grandi eventi. Per la sfilata della Mezza Quaresima - continua il Duca - lo vedevi all’opera già alle sette del mattino, passava tutto in rassegna prima di dare il via alla festa. E potevi stare tranquillo, eri in mani sicure”.
Gianmario Marchesi nella vita faceva l’orefice e soprattutto l’orologiaio “aggiustava il tempo, lo metteva a misura d’uomo” ha ricordato durante l’omelia, il parroco di Colognola. “Il Ducato non era la sua unica passione” dice ancora il Duca di Piazza Pontida “Lui era anche e soprattutto un alpino. Era iscritto alla sezione di Borgo santa Caterina, e anche lì fino all’ultimo, si è speso per dare una mano. Sempre in silenzio, senza pretendere nemmeno un grazie”.
Nella chiesa gremita di Colognola il coro degli alpini ha salutato Gianmario con il canto-preghiera Signore delle Cime; gli amici, anche quelli del Ducato, erano seduti con lo sguardo lucido ad ascoltare le parole del sacerdote: “L’amore non avrà mai fine perché è più della fine, è il fine. Tutti, come Gianmario, amiamo con la segreta speranza che l’amore faccia fiorire il mondo, inventi nuovi giardini, apparecchi tavoli di fraternità”. Anche il Duca è rimasto in piedi accanto allo stendardo del Ducato di Piazza Pontida. “Il ricordo più bello che ho di lui - conclude Mario Morotti - appartiene proprio all’adunata delle penne nere, all’Aquila. Il giovedì prima della sfilata mi disse che non era riuscito a organizzarsi e che non avrebbe partecipato; per lui era un dispiacere, non ne aveva mai persa una. Così il venerdì lo chiamai e gli dissi, ’ndem che m’va. Passai a prenderlo e partimmo alla volta dell’Abruzzo. Mi viene ancora da ridere se ripenso all’albergo: l’unica stanza libera aveva un letto matrimoniale… Ma la domenica mattina era lì, sfilava con in testa il suo cappello d’alpino, emblema del sacrificio e della fatica. Io lo guardavo, ero commosso, sapevo di averlo reso felice”.
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