Attualità

Monsignor Carzaniga: “Papa Francesco, testimone di fede e continuità nella Chiesa

di Paolo Aresi
- 13 maggio 2025

MONSIGNOR GIANNI CARZANIGA Parroco di Sant’Alessandro (e di Piazza Pontida) parla del pontefice e di quello che ha rappresentato per la Chiesa dei nostri anni

“È stato il Papa della continuità” dice don Gianni e sottolinea come ci sia un filo rosso che parte da Papa Giovanni e dal Concilio e prosegue con Paolo VI e che riguarda gli ultimi, i fragili

Abbiamo salutato Papa Francesco sabato mattina, 26 aprile, era ancora la settimana di Pasqua, di gioia per la Chiesa, ed erano i giorni in cui si celebrava la Liberazione dell’Italia e dell’Europa dal giogo nazista e fascista, dalla follia che non veniva dal nulla, ma che l’Europa stessa aveva partorito, perché una parte di questa pazzia alberga nei nostri cuori; non dobbiamo dimenticarlo.

Abbiamo parlato di Papa Francesco con monsignor Gianni Carzaniga, parroco di Sant’Alessandro in Colonna, la parrocchia del nostro Ducato e del Giopì.

Che cosa è stato per lei Papa Francesco?

“È stato il Papa della mia maturità e vecchiaia. È il mio settimo Papa, sono nato con Pio XII… questi anni di pontificato di Francesco sono stati molto intensi, forti. Negli ultimi due mesi abbiamo assistito alla sua malattia, al venire meno delle forze, eppure il Papa ha continuato la sua testimonianza nonostante la fragilità, con la tenacia del servizio. Lascia un grande messaggio di cristianesimo vissuto profondamente”.

Lei pensa sia stato un Papa di rottura verso il passato?

“No, certamente no. È stato invece un Papa della continuità rispetto alla volontà della Chiesa di stare vicina alle sue radici, vicina ai poveri, ai fragili. C’è un filo conduttore che parte dal Concilio, da Papa Giovanni, continua fortemente con Paolo VI e poi non si è mai interrotto. Credo che Paolo VI non sia ancora abbastanza compreso: ha affrontato tempi difficilissimi ed è andato avanti in modo coerente, coraggioso. Basti ricordare la Popolorum Progressio, l’enciclica sociale che Paolo VI scrisse nel 1967 e che dichiarò l’importanza per la Chiesa dei popoli più poveri. Paolo VI sottolineò l’importanza della questione sociale, fu il primo pontefice a viaggiare nel mondo, ad andare in Terra Santa, in India, in Africa… Ecco Papa Bergoglio, a mio avviso, ha sviluppato l’impegno della Chiesa in continuità lungo questa traccia”.

Che cosa ha apprezzato in particolare di Papa Francesco?

“La sua attenzione agli ultimi, certamente, l’attenzione alle persone che vivono situazioni difficili, penso ai divorziati e risposati, per esempio, penso alla esortazione apostolica “Amoris Laetitia” dove ha affrontato il tema della famiglia in maniera ampia e articolata, con riferimenti forti alla Bibbia, arrivando a dire chiaramente che la famiglia non può corrispondere a un “ideale astratto”, ma che si tratta di un “compito artigianale”. Il Papa insiste sul confronto con la realtà, con la concretezza. E poi di Francesco ho ammirato la profonda interiorità accanto alla semplicità. Sapeva comunicare con le persone, si sentiva che era stato parroco, che era stato vescovo… aveva un legame forte con la realtà”.

Ha un ricordo personale del Papa?

“Sì, quando il 13 giugno dello scorso anno siamo andati in udienza in piazza San Pietro con i miei confratelli per il cinquantesimo del nostro s a c e r d o z i o . Eravamo seduti in prima fila, quando è passato gli abbiamo detto il motivo della nostra visita, lui ha sussurrato agli accompagnatori di regalarci la corona del Rosario e ci ha benedetti, ci ha dato il rosario con la sua mano e ci ha ricordato di pregare sempre per lui. E poi a cena ci ha fatto trovare un biglietto, un pensiero firmato da lui: eravamo a mangiare nel refettorio dove anche il Papa si recava tutti i giorni”.

È preoccupato per la successione?

“No, non sono preoccupato, il Signore ci aiuterà. Sono tempi impegnativi, chi verrà raccoglierà un’eredità importante, andrà avanti. Dovrà affrontare il tema di un Occidente che sembra sempre più lontano dalla fede, che preferisce andare a bere l’aperitivo piuttosto che entrare in chiesa per una preghiera. Ma il Signore non ci abbandona”.

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