Traffico folle: c’era una volta il piano Gelmini…
di Alvise Cervi- 13 maggio 2025

UNA STORIA VECCHIA COME IL GIOPÌ Da mezzo secolo Bergamo è alle prese con un flusso di auto che non si riesce a governare. Gli ultimi anni con i tanti cantieri hanno peggiorato la situazione
Già nel 1973 il piano dell’inglese Buchanan prevedeva un centro pedonale e parcheggi periferici collegati con tram e navette al cuore cittadino. Ma non se ne fece nulla
È una storia vecchia come il Giopì o quasi. A Bergamo il traffico è un problema grosso almeno dagli anni… Settanta del Novecento, da mezzo secolo! Certo, negli ultimi anni sta diventando una follia. La conformazione stessa del centro di Bergamo Bassa non aiuta: piccolo e con poche vie d’accesso, che poi vanno a confluire nell’unico importante asse viabilistico costituito da viale Papa Giovanni, viale Roma e viale Vittorio Emanuele. Tra l’altro oggi, con le limitazioni recentemente introdotte, è rimasto anche l’unica via d’accesso a Città Alta.
Anche in passato - va detto - le “quattro ruote” sono state il nemico giurato di amministratori comunali e tecnici, sempre però al concreto dubbiosi e tentennanti. Già nel 1973 il piano elaborato dallo studio Buchanan di Londra prevedeva la pedonalizzazione del centro di Bergamo Bassa, ma è rimasto lettera morta.
Una analoga visione di fondo ha poi caratterizzato il piano elaborato dal milanese Centro studi traffico di Pietro Gelmini che, a partire dal 1979 e per tutti gli anni Ottanta, ha dominato le scene con provvedimenti che, nel bene e nel male, hanno plasmato la viabilità in diverse aree del centro e sono tuttora in vigore, come, per fare qualche esempio, limitazioni e sensi unici nelle vie Tasso, Pignolo, Sant’Alessandro, Mai, Paleocapa, Bonomelli, Paglia, D’Alzano e Tiraboschi e nelle piazze Pontida e Matteotti.
Le modifiche viarie introdotte da Gelmini, volte a disincentivare il traffico privato, a privilegiare il trasporto pubblico con corsie preferenziali e ad introdurre i primi tratti di piste ciclabili, erano state accolte in generale con diffidenza e con palese contrarietà da parte degli automobilisti, producendo peraltro benefici minimi. Un pannicello caldo, meglio che niente ovviamente, ma non poteva che essere così per un centro malato soprattutto di carenza di parcheggi.
Le macchine giravano a vuoto per mezze ore prima di trovare un posto-auto libero.
Gelmini era così diventato il bersaglio della stampa. A distinguersi, l’agenzia settimanale “Bergamo flash” diretta da Franco Rho che lo aveva ribattezzato (ironicamente) il “mago del traffico” mentre gli assessori competenti erano “i Nerone dell’auto” e “gli ostinati restauratori della ruota in legno”. Questo perché il Comune aveva deciso ormai di “appiedare tutti i cittadini e metterli in sella a una bicicletta”.
Così, “defunte le automobili e chiusa la Fiat, non ci sarà nemmeno più il problema dei parcheggi”. Ma, ironie a parte, anche l’Automobile Club Bergamo aveva avanzato rilievi al Piano: “Gli accorgimenti adottati per disincentivare il traffico nel centro di Bergamo non hanno potuto impedirne l’aumento ragguardevole e continuo (…). Una riduzione del traffico si può
conseguire solo fornendo all’automobilista una valida alternativa che noi identifichiamo nei parcheggi sub-centrali con capienza e dislocazione adeguate”.
Lo stesso Centro studi traffico, del resto, a metà anni Ottanta, aveva riconosciuto che a Bergamo mancavano “almeno” 3.500 posti auto, ma secondo altre stime potevano essere anche 5 mila.
Tuttavia, solo gli anni Novanta avrebbero visto la costruzione dei grandi autosilo (piazza Libertà, via Paleocapa, Triangolo, via Verdi). Tutti in centro.
E i parcheggi periferici collegati al centro tramite bus navetta? Sgraditi agli automobilisti bergamaschi, restano nel mondo dei sogni.
Insomma, le indicazioni dei ben pagati esperti sono rimaste nel cassetto.
Niente corona di parcheggi attorno alla città, niente navette di collegamento, percorsi pedonali e ciclabili specifici. Il risultato è il caos. La ciliegina sulla torta è il parcheggio costruito sotto il colle della Rocca, in Città Alta; nei giorni di gran turismo, come è accaduto a Pasquetta, il risultato è il delirio.
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