Il Giopì vuole contribuire a mantenere viva la cultura bergamasca: in questo numero che esce in prossimità di Pasqua e del 25 aprile, Il Giopì affronta in particolare il tema della pace, nella maniera più bergamasca possibile. Quindi in un modo non generico. Abbiamo cercato di ricordare come questo giornale e come la cultura della nostra terra siano contro la guerra, contro il fascismo, da qualsiasi parte esso venga, considerando fascismo qualsiasi pratica politica che ponga al centro del suo operare la violenza, sia fisica, sia morale, sia intellettuale.
E su questo tema si potrebbe aprire un grande ragionamento per esplorare quali atteggiamenti nella nostra società siano in qualche modo assimilabili alla mentalità fascista. Anche l’eccesso di conformismo, per esempio, potrebbe portarci in questa direzione? Offriamo quindi le parole di Papa Giovanni XXIII con una scelta di brani tratti dalla Pacem in Terris alla stesura della quale, in quel 1963, collaborò strettamente l’allora don Loris Capovilla, segretario del Papa, uomo di immensa cultura che chiuse i suoi giorni a Sotto il Monte dove si era ritirato per conservare e la memoria e il retaggio del nostro grande Papa.
E offriamo un piccolo capolavoro poetico bergamasco che pochi conoscono, la poesia che Giacinto Gambirasio dedicò a una madre che ogni giorno andava a Sant’Agata a trovare il figlio in carcere. È una composizione commovente, che Gambirasio scrisse anche in seguito alle sue esperienze personali, alla sua stessa carcerazione. Gambirasio è stato direttore di questo giornale e antifascista della prima ora, per questo prese un sacco di botte al tempo dell’ascesa del fascismo e venne imprigionato durante il dominio nazifascista. Nella sua poesia è riuscito a trasmettere quello che i bergamaschi sono o, perlomeno, quello che erano fino a qualche decennio fa. Perché tutti cambiamo, anche i popoli. Fatto salvo poi, in seguito ai nuovi rivolgimenti della storia, tornare a essere quello che sono nella loro autenticità.