Cultura

La Poetessa se n’è andata come una nuvola d’estate

di Gré de Pìer
- 15 aprile 2025
Addio ad Anna Rudelli, la Poetessa del Ducato di Piazza Pontida

ANNA RUDELLI È MORTA MERCOLEDÌ 9 APRILE ALL’ETÀ DI 96 ANNI Era la decana degli autori del Ducato, la più apprezzata per la le sue parole schiette, senza retorica, come il suo carattere

Un malore a fine marzo l’aveva costretta al ricovero in ospedale. Ha fatto a tempo a comporre la poesia del Rasgamento sul tema dell’indifferenza, letta il 29 marzo scorso

Anna Rudelli, la poetessa d’eccellenza del Ducato di Piazza Pontida, non c’è più. È partita per un viaggio senza ritorno, lontano dalla sua casa, lontano dalle poltrone rosse del suo salotto dove era bello sedere a chiacchierare con la poetessa. Anche nella sua amata Valcavallina la chiamavano così. La poetessa e basta. E lo facevamo anche noi in Ducato. Non serviva il nome. Bastava dire la Poetessa e già sapevamo che si trattava di lei. Era la decana dei poeti ducali. Ma come si fa a definire decana una ragazza? Già. Per Anna il tempo è sempre stato un dettaglio trascurabile. E lei è sempre stata, fino alla fine, una ragazza. Lo attestavano il sorriso giovanissimo, il viso senza rughe, il candore dei capelli. Da tutta la sua persona si spandeva come un’aura di freschezza che faceva bene a chi le stava vicino. Anna era fresca come le sue poesie. Schiette. Chiare. Senza retorica. Come se invece di versi in dialetto o in lingua, si trattasse di piccoli segreti sussurrati all’orecchio del lettore.

Eppure erano poesie autentiche. Profonde. Capaci di scavarti dentro con la delicatezza, però, di chi non vuole farti male. Poesie scritte col cuore. Certo è sempre stato il cuore il vero, il solo protagonista delle sue liriche. E non è mai importato a nessuno che la sua vena poetica non seguisse uno schema fisso, che si esprimesse in pochi o molti versi, se in rima o senza rima, se rispettando o no sempre una metrica perfetta. “Il verso” sembrava dire la Rödèla “deve essere libero di volare nell’aria”. Il suo è stato davvero l’alato carme, capace di librarsi al di sopra delle cose, capace di esprimere, senza la catena degli artificiosi condizionamenti letterari, tutto quello che la poetessa sentiva. Ed è stato sempre commovente leggere le parole che Anna ha dedicato al suo Renzo, alla bellezza della sua valle, al ricordo dei suoi cari. È stato interessante e divertente a un tempo leggere le sue poesie rasgamentarie per la mezza quaresima ducale. Sì. Perché Anna sapeva essere lieve anche quando parlava o scriveva di cose serie. E poi chi ha mai detto che la poesia debba per forza muovere al pianto? Come non ricordare i suoi mitici compleanni al “Borgo dei Cigni” ai quali ero sempre invitata. “Chi che pöl dì de stà mèi de mé?” diceva in quelle occasioni. “Gh’ó ché tri duchi: l’Andréa Ü, ol Lìber Prim e ‘l Smiciatöt! E töcc tri i è ché per mé!”

E li amava teneramente i suoi tre duchi, tutti e tre in eguale misura. Ed era orgogliosa della loro presenza e felice che la trattassero come la loro regina. Io credo di non averla mai vista veramente abbattuta. Qualche volta, magari, un po’ meno sorridente, un po’ più malinconica o assorta in qualche pensiero che, molesto, le si affacciava alla mente. Ma la sua tristezza, almeno davanti a me, era solo una nuvola d’estate che passa lesta e poi, sorretta da una incrollabile fede in Dio, si perde nell’azzurro del cielo.

Bergamasco

La lüna la piàns

Quando ‘n cél a gh’è la lüna,
mé me sènte emussiunada:
se l’è ü quàrt a l’è öna cüna,
mé ghe varde e stò
‘ncantada;
se l’è mèsa e la fà ciàr,
töt ol cél l’è ü bèl culùr:
se s’ ghe varda la te par
che la ‘nvide a fà l’amùr.
Quando pò l’è quase piéna
e l’è tonda, tonda, tonda
töt ol cél a l’ par ü mar
co i montagne a fàga spónda.
Ma l’otrér lé la pianzìa
e la gh’éra ü gran magù,
perché i òmegn i la spìa
e i ghe rüina i senterù.
Per sügàga i so gutù
gh’ó ‘mprestàt ol mé fassöl,
ma tat gròss ìa i lacrimù
che ó düsìt ciapà ü lensöl.
Italiano

La Luna Piange

Quando in cielo c’è la luna,
io mi sento emozionata;
se è un quarto è una culla,
io la guardo e sto incantata;
se è mezza e rischiara,
tutto il cielo ha un bel colore;
se la si guarda pare
che inviti a far l’amore.

Quando poi è quasi piena
ed è tonda, tonda, tonda
tutto il cielo pare un mare
con i monti a far da sponda.

Ma ierlaltro lei piangeva
e aveva un gran magone,
perché gli uomini la spiano
e le rovinano i sentieri.

Per asciugarle i goccioloni
le ho prestato il fazzoletto,
ma erano tanto grossi i lacrimoni
che ho dovuto usare un lenzuolo.

di Anna Rudelli
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