Storia

Quando il potere è al servizio della gente

di Maria Teresa Birolini
- 30 luglio 2025
Andrea Gibellini e il Ducato di Piazza Pontida: una guida autorevole tra storia, tradizione e comunità
Andrea Gibellini con Papa Wojtyla

ANDREA GIBELLINI, QUANTI CE NE VORREBBERO COME LUI! 94 anni ben portati, ha ancora una vita molto attiva. Ha guidato la Banca Popola di Bergamo e lo Ior.

Duca di Piazza Pontida dal 1980. La soddisfazione più grande: “Le persone semplici, che mi accordarono un’amicizia sincera, come Eugenio Consonni, sempre pronto a darmi una mano”.

Quando la delegazione del Ducato di Piazza Pontida, guidata da Tino Simoncini, già sindaco di Bergamo, entrò nel salone della Banca Popolare di Bergamo chiese di poter parlare, con una certa urgenza, con il Condirettore Generale. Andrea Gibellini li accolse con un sorriso elegante, lo stesso che conserva mentre chiacchieriamo nel salotto di casa sua, tanto tempo dopo. Oggi Andrea Gibellini è un giovane pensionato di 94 anni, sempre indaffarato. Ricorda: “Mi dissero che volevano propormi come Duca, che pensavano io fossi la persona giusta per guidare il Ducato negli anni a venire”.

Andrea Gibellini, fu così nominato nel 1980, VII Duca di Piazza Pontida con il nome di Andrea I. “Fu una sorpresa, non me l’aspettavo, per questo presi qualche ora per parlarne anche a mia moglie Adriana che però subito disse: se vuoi, fallo, io ci sono”. Non ci volle molto tempo per Gibellini, accettò e in pochi giorni entrò con estrema concretezza e entusiasmo in Piazza Pontida, rendendo il Ducato una realtà di grande interesse anche fra coloro che fino ad allora lo avevano trattato con un certo snobismo: “Nominai da subito un comitato che si trovava tutti i giovedì sera, spesso andavamo a trovare sindaci e amministratori, per parlare e far conoscere il Ducato. Mi aiutò parecchio l’esperienza manageriale che avevo maturato in Banca, organizzai rapidamente il Ducato assegnando compiti e responsabilità. Il ruolo che avevo alla Popolare di Bergamo mi ha facilitato nel coinvolgere diverse persone autorevoli, dicevano: se si impegna lui… alcune facevano a gara per avere un ruolo, lo stesso Simoncini mi disse, ricordati che voglio fare il Duca Vicario. Ma penso anche all’on. Pandolfi che partecipò alla Festa di Primavera. Quando arrivai gli associati erano 500, alla fine del mio mandato nel 1986, erano arrivati a 2000”. Il suo motto fu: “Portare il Ducato alla gente, per portare la gente al Ducato”.

Quali furono le iniziative di maggiore soddisfazione? “Appena arrivato mi dissi, io vengo dalla Popolare, facciamo in modo che il ducato non abbia costi per l’affitto, facciamo in modo che i locali dove una volta c’era la sede vengano concessi in comodato d’uso. Così invitai il presidente della Banca e lui fu immediatamente d’accordo. Questa è stata la prima azione concreta, ma ne seguirono moltissime altre che diedero rilievo e visibilità al Ducato. Penso all’istituzione della scuola di dialetto presieduta all’inizio dal professor Vittorio Mora, ma anche ai concorsi per accrescere la presenza dei carri allegorici della Mezza Quaresima, la cosa funzionò al punto che in alcuni anni i gruppi partecipanti sfiorarono il centinaio. Anche la Rassegna Regionale del Teatro dialettale nei cortili, diede risultati inaspettati, per il contributo di importanti poeti e scrittori che riuscii a coinvolgere. Commissionai nuove commedie che poi rivendevo e con il ricavato organizzavamo altre iniziative.

Per il Festival del Folclore vennero gruppi dalla ex Jugoslavia, tutti studenti universitari, bravissimi, accompagnati dal commissario politico, perché c’era ancora Tito”. Scorrere il curriculum di Andrea Gibellini fa venire il capogiro: dopo la laurea in Scienze Economiche e Commerciali all’Università “Bocconi” di Milano, diviene, a 41 anni, vice direttore generale della Banca Popolare di Bergamo e poi a 48 anni, condirettore Generale. Dieci anni dopo è direttore generale del Credito Varesino e nel 1992 e poi viene nominato direttore generale dello Ior, in Vaticano. Ma nonostante questi incarichi, Gibellini è riuscito a governare con grande successo anche il ducato. Sua, per esempio, sua è l’idea di chiedere un’opera agli artisti locali da esporre nella sede del ducato. Cosa ricorda il Duca con più gioia del suo “regno”? “I tanti amici, i momenti di festa, rendermi conto, giorno dopo giorno, che le persone mi seguivano. Gli amici del Rotary, anche loro chiesero di poter entrare e dare una mano.

Ma furono le persone più semplici, quelle che mi accordarono un’amicizia sincera, a commuovermi, come Eugenio Consonni, sempre presente e pronto a darmi una mano. Ricordo che piansi quando venne a mancare per un incidente stradale”. Quanto avremmo bisogno di un “Gibellini” anche oggi, anche nella Bergamo del 2025. Quanto avremmo bisogno di figure che sappiano guidare con fermezza ma anche con umiltà, che siano esempio di valori e che sappiano affrontare le sfide con decisione e responsabilità. Certo, un po’ di soggezione la mette ancora oggi… “L’unica volta che ho fatto valere la mia posizione di forza, è stato quando, da vice direttore generale della Popolare di Bergamo, diedi di tasca mia delle banconote a un giovane dirigente della banca e gli dissi: “Quando un cliente entra qui vuole sentirsi a suo agio, come a casa sua. Quindi: vai a tagliarti i capelli”.

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